Passeggiando con la storia
Il ponte acquedotto settecentesco orsiniano della Madonna della Stella
Passeggiando con la storia, rubrica a cura di Giuseppe Massari
giovedì 12 settembre 2019
I primi cenni storici da cui siamo partiti sono stati estrapolati dal blog di Massimo Bray, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nel Governo Letta. Simbolo dello straordinario inserimento paesaggistico dell'abitato nell'aspro ambiente naturale delle gravine carsiche, che caratterizzano l'altopiano della Murgia, è il viadotto della Madonna della Stella, edificato inizialmente alla fine del XVII secolo (figura per la prima volta in un atto notarile del 1686) e ricostruito dai feudatari della famiglia Orsini dopo il crollo avvenuto nel sisma del 1722.
Il ponte, alto 37 metri, lungo 90 e largo 5 metri e mezzo, che serviva in principio a permettere l'attraversamento della gravina di Botromagno e a raggiungere la chiesa rupestre della Madonna della Stella, fu adibito per volere degli Orsini anche ad acquedotto, per portare fino alla città di Gravina l'acqua della vicina sorgente di Sant'Angelo. L'acquedotto, che serviva le due fontane tutt'oggi visibili alle due estremità del ponte, era costituito da 25 archi disposti lungo la spalliera, rimossi a seguito dell'alluvione del 1855 e sostituiti da una spalliera in tufo. Infine, nel 1860, l'intera struttura venne messa in sicurezza con la posa di tiranti di ferro.
La costruzione dell'acquedotto, che si origina circa 3km a NW del centro abitato, in contrada Lamacolma, venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l'acqua in due fontane, una situata prima del ponte viadotto,denominata Fontana La Stella da usare come abbeveratoio, e l'altra al termine dello stesso ponte e a ridosso della cinta muraria dell'abitato, che doveva essere usata come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall'ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell'opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi poggianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell'area (D'agostino & Raguso), "Quando non c'era l'acqua del Sele, Anno Internazionale dell'Acqua 2003.Progetto educativo europeo, Liceo Scientifico Statale "G. Tarantino", Gravina in Puglia.2003).
Le ulteriori e successive notizie, a corredo di questo articolo, sono state cercate e ricercate nell'ambito di nuovi studi. Di nuovi approfondimenti tecnici e scientifici, consultando testi e riviste specializzate. Nell'economia della ricerca è balzata una relazione, sullo specifico argomento che stiamo trattando, tenuta nel corso di un convegno svoltosi a Napoli nel 2008: Atti del VI Convegno nazionale di speleologia in cavità artificiali. Napoli, 30 MAGGIO – 2 GIUGNO 2008. IN OPERA IPOGEA 1/2 – 2008. "Considerazioni geo-archeologiche preliminari sugli acquedotti settecenteschi di Gravina in Puglia (Bari)": Bruno Giovanni e Magni Silvana, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale Politecnico di Bari.
L'acquedotto, come detto, fu iniziato nel 1743 e terminato nel 1781,dette già da subito i primi problemi di funzionalità. Iniziarono, infatti, proprio nel 1781 i primi reiterati interventi di manutenzione e ripristino delle condutture che andarono avanti fino a quando, con l'entrata in vigore dell'Acquedotto Pugliese, l'acquedotto venne dismesso dall'uso idropotabile. Il ponte, attualmente percorribile è lungo 120m e presenta due parapetti di altezza differente (1,50m quello settentrionale e 3,00 m quello meridionale). È proprio sulla sommità del parapetto più alto che ven-ne impostata la condotta idrica lunga circa 130 m che conduceva l'acqua dalla Fontana la Stella al lavatoio. La sorgente che alimenta l'acquedotto, ancora attiva, si presenta come una scaturigine diffusa dalle quali l'acqua fuoriesce con scarso carico idraulico.
In prossimità della scaturigine si individuano due vasche di raccolta, nelle quali confluiscono ben 102 bocche di captazione e dalle quali si diparte una condotta idrica. Un'ultima vasca di decantazione, infine, convoglia direttamente l'acqua nella conduttura dell'acquedotto che consta di due canalette, larghe 15 cm e con setto di separazione alto circa 10 cm. L'uso della doppia canaletta pare sia stato introdotto per una questione di maggior praticità durante i lavori di manutenzione, in modo tale che una canaletta poteva essere chiusa mentre l'altra veniva ripulita non privando così la po-polazione dell'acqua durante i lavori.
L'opera è in parte direttamente scavata nella roccia calcarenitica e in parte costruita con blocchi dello stesso materiale. L'acqua viene trasportata per tutto il percorso interno alla struttura a pelo libero e convogliata in canalette per buona parte ancora perfettamente funzionanti Solo il tratto di condotta idrica sovrastante il parapetto del ponte funzionava in pressione. Da dati ricavati da precedenti studi (BIXIO ET AL., 1999; PARISE et al., 2000; BIXIO et al. 2007), si evince che la lunghezza complessiva dell'acquedotto è di 3480 m con un dislivello di circa 7 m (quota presa 359 m s.l.m.,quota partitore 352 m s.l.m.) con una pendenza media dello 0,2%. La struttura sotterranea che ospita le condotte idriche presenta pareti verticali e volta ad arco, che a tratti è scavata nella roccia in posto e a tratti realizzata conconci calcarenitici squadrati e cementati con malta. Lungo tutto il percorso sono inoltre riconoscibili i pozzi di pulizia della struttura ed in corrispondenza di ciascun pozzo sono ben evidenti le pedarole che erano usate per entrare ed uscire dai pozzi stessi.
Più di recente, il professore Franco Laiso, nel suo: "Gravina. Interserzioni-Interpretazioni", Gravina, 2017, ha definito il ponte sulla gravina luogo del cuore dei gravinesi. "Il ponte costruito sulla gravina collega il passato con il presente della comunità. Inserito fra i due costoni del burrone a forma di triangolo, affonda il vertice nel greto del torrente; più che un triangolo esso è a forma di cuore; esso è il luogo del cuore su cui cammina lieve il genius loci.
Il ponte ha scandito il tempo della fatica di generazioni di contadini che si recavano a lavoro nei campi, la fatica delle lavandare. Il suo selciato ha risuonato dello scalpitio dei cavalli e delle bestie da soma; ha conosciuto le corse frenetiche e i giochi dei bambini e ne ha rimandato l'eco delle loro voci. Il ponte è il cordone ombelicale che lega in una unione indissolubile tutti i luoghi che hanno conosciuto la storia di una comunità in tutte le sue fasi dal Paleolitico in poi. Il ponte rende evidente questa unione ed è cifra di luoghi ricchi di storia e di narrazioni".
(Le foto del progetto del ponte e della relativa mascherina didascalica sono patrimonio dell'Archivio storico degli Orsini custodito presso l'Archivio storico capitolino. Le foto, invece delle lavandare, sono state tratte dal testo di D'agostino e Raguso: "Quando non c'era l'acqua del Sele, Anno Internazionale dell'Acqua 2003.Progetto educativo europeo, Liceo Scientifico Statale "G. Tarantino", Gravina in Puglia.2003).
Il ponte, alto 37 metri, lungo 90 e largo 5 metri e mezzo, che serviva in principio a permettere l'attraversamento della gravina di Botromagno e a raggiungere la chiesa rupestre della Madonna della Stella, fu adibito per volere degli Orsini anche ad acquedotto, per portare fino alla città di Gravina l'acqua della vicina sorgente di Sant'Angelo. L'acquedotto, che serviva le due fontane tutt'oggi visibili alle due estremità del ponte, era costituito da 25 archi disposti lungo la spalliera, rimossi a seguito dell'alluvione del 1855 e sostituiti da una spalliera in tufo. Infine, nel 1860, l'intera struttura venne messa in sicurezza con la posa di tiranti di ferro.
La costruzione dell'acquedotto, che si origina circa 3km a NW del centro abitato, in contrada Lamacolma, venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l'acqua in due fontane, una situata prima del ponte viadotto,denominata Fontana La Stella da usare come abbeveratoio, e l'altra al termine dello stesso ponte e a ridosso della cinta muraria dell'abitato, che doveva essere usata come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall'ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell'opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi poggianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell'area (D'agostino & Raguso), "Quando non c'era l'acqua del Sele, Anno Internazionale dell'Acqua 2003.Progetto educativo europeo, Liceo Scientifico Statale "G. Tarantino", Gravina in Puglia.2003).
Le ulteriori e successive notizie, a corredo di questo articolo, sono state cercate e ricercate nell'ambito di nuovi studi. Di nuovi approfondimenti tecnici e scientifici, consultando testi e riviste specializzate. Nell'economia della ricerca è balzata una relazione, sullo specifico argomento che stiamo trattando, tenuta nel corso di un convegno svoltosi a Napoli nel 2008: Atti del VI Convegno nazionale di speleologia in cavità artificiali. Napoli, 30 MAGGIO – 2 GIUGNO 2008. IN OPERA IPOGEA 1/2 – 2008. "Considerazioni geo-archeologiche preliminari sugli acquedotti settecenteschi di Gravina in Puglia (Bari)": Bruno Giovanni e Magni Silvana, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale Politecnico di Bari.
L'acquedotto, come detto, fu iniziato nel 1743 e terminato nel 1781,dette già da subito i primi problemi di funzionalità. Iniziarono, infatti, proprio nel 1781 i primi reiterati interventi di manutenzione e ripristino delle condutture che andarono avanti fino a quando, con l'entrata in vigore dell'Acquedotto Pugliese, l'acquedotto venne dismesso dall'uso idropotabile. Il ponte, attualmente percorribile è lungo 120m e presenta due parapetti di altezza differente (1,50m quello settentrionale e 3,00 m quello meridionale). È proprio sulla sommità del parapetto più alto che ven-ne impostata la condotta idrica lunga circa 130 m che conduceva l'acqua dalla Fontana la Stella al lavatoio. La sorgente che alimenta l'acquedotto, ancora attiva, si presenta come una scaturigine diffusa dalle quali l'acqua fuoriesce con scarso carico idraulico.
In prossimità della scaturigine si individuano due vasche di raccolta, nelle quali confluiscono ben 102 bocche di captazione e dalle quali si diparte una condotta idrica. Un'ultima vasca di decantazione, infine, convoglia direttamente l'acqua nella conduttura dell'acquedotto che consta di due canalette, larghe 15 cm e con setto di separazione alto circa 10 cm. L'uso della doppia canaletta pare sia stato introdotto per una questione di maggior praticità durante i lavori di manutenzione, in modo tale che una canaletta poteva essere chiusa mentre l'altra veniva ripulita non privando così la po-polazione dell'acqua durante i lavori.
L'opera è in parte direttamente scavata nella roccia calcarenitica e in parte costruita con blocchi dello stesso materiale. L'acqua viene trasportata per tutto il percorso interno alla struttura a pelo libero e convogliata in canalette per buona parte ancora perfettamente funzionanti Solo il tratto di condotta idrica sovrastante il parapetto del ponte funzionava in pressione. Da dati ricavati da precedenti studi (BIXIO ET AL., 1999; PARISE et al., 2000; BIXIO et al. 2007), si evince che la lunghezza complessiva dell'acquedotto è di 3480 m con un dislivello di circa 7 m (quota presa 359 m s.l.m.,quota partitore 352 m s.l.m.) con una pendenza media dello 0,2%. La struttura sotterranea che ospita le condotte idriche presenta pareti verticali e volta ad arco, che a tratti è scavata nella roccia in posto e a tratti realizzata conconci calcarenitici squadrati e cementati con malta. Lungo tutto il percorso sono inoltre riconoscibili i pozzi di pulizia della struttura ed in corrispondenza di ciascun pozzo sono ben evidenti le pedarole che erano usate per entrare ed uscire dai pozzi stessi.
Più di recente, il professore Franco Laiso, nel suo: "Gravina. Interserzioni-Interpretazioni", Gravina, 2017, ha definito il ponte sulla gravina luogo del cuore dei gravinesi. "Il ponte costruito sulla gravina collega il passato con il presente della comunità. Inserito fra i due costoni del burrone a forma di triangolo, affonda il vertice nel greto del torrente; più che un triangolo esso è a forma di cuore; esso è il luogo del cuore su cui cammina lieve il genius loci.
Il ponte ha scandito il tempo della fatica di generazioni di contadini che si recavano a lavoro nei campi, la fatica delle lavandare. Il suo selciato ha risuonato dello scalpitio dei cavalli e delle bestie da soma; ha conosciuto le corse frenetiche e i giochi dei bambini e ne ha rimandato l'eco delle loro voci. Il ponte è il cordone ombelicale che lega in una unione indissolubile tutti i luoghi che hanno conosciuto la storia di una comunità in tutte le sue fasi dal Paleolitico in poi. Il ponte rende evidente questa unione ed è cifra di luoghi ricchi di storia e di narrazioni".
(Le foto del progetto del ponte e della relativa mascherina didascalica sono patrimonio dell'Archivio storico degli Orsini custodito presso l'Archivio storico capitolino. Le foto, invece delle lavandare, sono state tratte dal testo di D'agostino e Raguso: "Quando non c'era l'acqua del Sele, Anno Internazionale dell'Acqua 2003.Progetto educativo europeo, Liceo Scientifico Statale "G. Tarantino", Gravina in Puglia.2003).