Passeggiando con la storia
Oggi inaugurazione di una via intitolata al Prof. Filippo Neri
Medico igienista, Docente universitario e secondo Rettore dell’Università degli Studi di Bari
martedì 20 agosto 2019
9.08
Oggi, alle ore 11.00, si tiene l'inaugurazione di una via dedicata al prof. Filippo Neri. Viene intitolata una via nei pressi della chiesa dello Spirito Santo (finora denominata seconda parallela di via Cimabue). Oltre ai familiari, saranno presenti autorità civili, religiosi e militari.
La figura umana, personale e professionale di questo cattedratico, che pur non essendo gravinese di nascita, ha dato lustro alla nostra città che lo ha ospitato sin dalla tenera età. Filippo Neri nasce il 6 settembre 1878 a Russi di Romagna, da una famiglia che si trasferisce a Gravina. E' qui che si forma, inizia i suoi studi delle classi elementari, per poi frequentare il Liceo "Cirillo" di Bari, dove consegue la "licenza ginnasiale d'onore". A Siena, nel 1904, si laurea in Medicina con una tesi in Chirurgia sull'appendicite. La sua passione, però, è la ricerca scientifica, il contatto fisico con il laboratorio, tanto che lo porta, inizialmente, ad essere volontario presso il professore Achille Sclavo, fino a quando viene chiamato dal professore Alfonso Di Vestea all'Istituto di Igiene di Pisa, dove resta fino al 1912. Di qui nasce, si forma e si sviluppa colui che sarà annoverato uno dei principali igienisti del Novecento.
In questi anni di ricerca, studi, analisi "sul campo e nel campo" si occupa di profilassi anticolerica in Puglia, In Toscana e nella Repubblica di San Marino; di campagne antimalariche nel grossetano, di lotta antitubercolare, per due anni, i veste di direttore dell'Ufficio Igiene di Siena. Particolare attenzione versa ai problemi legati allo smaltimento delle acque reflue urbane.
Sempre inappagato, per questi specifici e ultimi studi si reca a Lille, all'Istituto Pasteur, diretto dal celebre batteriologo Albert Léon Charles Calmette. Ritorna a Siena da docente e insegna, in sostituzione del professore Sclavo, fino al 1921, Batteriologia e Igiene. Sempre nel 1921, vincitore di un concorso espletato nel 1921, sale in cattedra presso l'Ateneo di Cagliari. Di qui, ancora spostamenti presso altre Università. Torna in Puglia, a Bari, come insegnante, dal 1924 al 1929, dove, nella neonata Università ricopre, nell'Anno Accademico 1925/1926, la carica di Rettore, il secondo dopo Nicola Pende.
Ritorna a Pisa per un anno, 1929-1930; a Firenze fino al 1936 e, infine, a Bologna, dove morte lo colse tragicamente, all'età di sessantacinque anni, come si legge nella lapide ricordo affissa sulla parte della sua stanza d'Ateneo:
"Ghermito alla vita per tragico e beffardo destino: per essersi attardato
al richiamo della moglie per porre in salvo i suoi canarini
che erano in una gabbia posta nella terrazza dell'Istituto (di Igiene),
fu travolto dal tremendo bombardamento aereo che infurio su
Bologna il 25 settembre 1943 e vi perì".
Da queste parole balza evidente l'umanità del nostro, dedito a salvare una gabbia di uccellini, ignaro della sorte che gli poteva capitare. I docenti universitari, è il caso di dirlo, hanno, anche, un'anima. La sua opera, i suoi studi, dopo la sua tragica ed inaspettata morte, furono oggetto di ricordi da parte di colleghi e ripresi dal Bollettino delle Scienze Mediche 1944, fasc. 1 e dalla rivista Igiene e Sanità Pubblica, Volume I, gennaio – febbraio – marzo 1945, Numeri 1-2-3, così come evidenziati nei frontespizi che ho considerato a corredo fotografico. Tornando alla sua specifica attività di studioso, ricercatore e docente, è bello leggere quella bellissima pagina di storia in cui lo si scopre ad analizzare, nella veste di Rettore dell'Università di Bari, la manna di San Nicola, il liquido trasparente che si raccoglie nella cripta barese del santo di Myra, che si dice dotato di proprietà taumaturgiche, dichiarandone la purezza batteriologica e la singolarità in contenuto di solidi. Di questo suo interesse fa fede una lettera datata 18 luglio 1925 e indirizzata al Padre Pio Scognamiglio, Superiore dei Domenicani di Bari.
Ecco il testo della lettera:
"Ho l'onore di riferire a V. S. Rev.mo i risultati dell'esame batteriologico, quantitativo e qualitativo, eseguiti sui campioni di Sacra manna di S. Nicola, prelevati, a richiesta di V.S., nei giorni 8 e 12 del corrente mese. Al momento dei prelevamenti, vedessi raccolto in fondo all'urna una piccola quantità di Manna, che non giunse a bagnare le ossa soprastanti al livello del liquido. Tra un prelevamento e l'altro l'urna rimane suggellata. Il prelevamento viene eseguito per aspirazione mediante pipetta sterile affidata ad un tubo di gomma, e per assorbimento mediante spugna sterile. Con la piccola quantità (pochi cmc.) di Manna raccolta eseguo la determinazione del contenuto microbico e la ricerca del bacterium coli. Da un cmc. di Manna seminata in piastre di agar e di gelatina si sviluppano circa 50 colonie di schizomiceti, appartenenti a due sole specie, di cuna rappresentata da bacillus liquefaciens non fluorescens, e l'altra da un bacillo non fondente la gelatina, ma non fermentante il glucosio e quindi non appartenente al coli gruppo. Non si sviluppa alcuna colonia di ifomiceti. La Manna seminata nella quantità di 2 cmc. nei tubi di fermentazione contenenti glucosio, tenuti per 48 ore a37° C non ha dato luogo alla produzione di gas; onde devesi escludere la presenza di bacterium coli. Il basso contenuto batterico trovato, il numero limitatissimo delle specie schizomiceti che e l'assenza del bacterium coli sono, per le acque sotterranee, indizi di purezza biologica. In base a questi risultati si deve ritenere che la Sacra Manna di S. Nicola si forma e si raccoglie in condizioni tali da escludere qualsiasi inquinamento per parte delle acque superficiali".
Non si può concludere questa scheda biografica se non si fa riferimento agli studi, compiuti dal Neri, sull'epidemia, in provincia di Pisa, sulla cosiddetta febbre maltesi o brucellosi. Il massimo del suo impegno, Neri, lo profonde sullo e per lo studio sulle acque, settore per il quale merita un posto indiscusso nella storia della sua disciplina e della scienza in generale. Nota ed importante è la sua monografia: Acqua Potabile. Ricerca, Raccolta, Distribuzione", UTET, Torino 1930 (IX tomo del Trattato Italiano di Igiene diretto da O. Casagrandi). Si tratta di un grande saggio, suddiviso in sette capitoli, che spazia dall'importanza epidemiologica dell'acqua, come veicolo di micro parassiti allo studio geologico dei vari terreni acquiferi (con una garbata polemica sulla definizione come vere sorgenti delle vene calcaree che dissetano a Puglia, le falde di Caposele); dalle tecniche batteriologiche per o studio dell'acqua e per la valutazione della potabilità ad una vasta esposizione delle opere di presa, conduttura e distribuzione. Senza esagerare, si deve dire che Filippo Neri si distinse per essere stato il primo ad approfondire il senso e l'uso umano dell'acqua potabile, cioè quello dello smaltimento fognario e le problematiche della depurazione. E' nel corso del VII Congresso Nazionale d'Igiene, svoltosi a Roma nel 1932, che Neri, anche alla luce della sua esperienza francese e pasteuriana, svolge la sua relazione in cui sintetizza lo stato dei luoghi dopo una ricognizione effettuata sulle opere di depurazione delle acque reflue in Inghilterra, Germania e Belgio. Igiene del lavoro e scolastica (inventò un nuovo tipo di banco scolastico, con relativa monografia sul tema), sono stati i capisaldi del suo interesse scientifico, della sua passione per l'insegnamento e del suo forte attaccamento alla ricerca. Instancabilmente.
Di lui restò, purtroppo, un flebile ricordo nella città di Gravina, allorquando fu deciso di intitolargli, qualche anno dopo la morte , l'attuale piazza Giuseppe Pellicciari. Ci fu la sostituzione del toponimo, nel corso dei primi anni 60 del secolo scorso, senza provvedere, da parte delle civiche amministrazioni, alla sostituzione con una nuova via da denominare e intitolare a questo benemerito luminare. La storia non si vendica. Aspetta, sa aspettare fino al punto che ha restituito a questo illustre scienziato il posto che meritava nella toponomastica stradale cittadina, con la intitolazione di una strada nei pressi di alcuni quartieri nuovi ubicati a nord dell'attuale centro abitato di Gravina.
Giuseppe Massari
La figura umana, personale e professionale di questo cattedratico, che pur non essendo gravinese di nascita, ha dato lustro alla nostra città che lo ha ospitato sin dalla tenera età. Filippo Neri nasce il 6 settembre 1878 a Russi di Romagna, da una famiglia che si trasferisce a Gravina. E' qui che si forma, inizia i suoi studi delle classi elementari, per poi frequentare il Liceo "Cirillo" di Bari, dove consegue la "licenza ginnasiale d'onore". A Siena, nel 1904, si laurea in Medicina con una tesi in Chirurgia sull'appendicite. La sua passione, però, è la ricerca scientifica, il contatto fisico con il laboratorio, tanto che lo porta, inizialmente, ad essere volontario presso il professore Achille Sclavo, fino a quando viene chiamato dal professore Alfonso Di Vestea all'Istituto di Igiene di Pisa, dove resta fino al 1912. Di qui nasce, si forma e si sviluppa colui che sarà annoverato uno dei principali igienisti del Novecento.
In questi anni di ricerca, studi, analisi "sul campo e nel campo" si occupa di profilassi anticolerica in Puglia, In Toscana e nella Repubblica di San Marino; di campagne antimalariche nel grossetano, di lotta antitubercolare, per due anni, i veste di direttore dell'Ufficio Igiene di Siena. Particolare attenzione versa ai problemi legati allo smaltimento delle acque reflue urbane.
Sempre inappagato, per questi specifici e ultimi studi si reca a Lille, all'Istituto Pasteur, diretto dal celebre batteriologo Albert Léon Charles Calmette. Ritorna a Siena da docente e insegna, in sostituzione del professore Sclavo, fino al 1921, Batteriologia e Igiene. Sempre nel 1921, vincitore di un concorso espletato nel 1921, sale in cattedra presso l'Ateneo di Cagliari. Di qui, ancora spostamenti presso altre Università. Torna in Puglia, a Bari, come insegnante, dal 1924 al 1929, dove, nella neonata Università ricopre, nell'Anno Accademico 1925/1926, la carica di Rettore, il secondo dopo Nicola Pende.
Ritorna a Pisa per un anno, 1929-1930; a Firenze fino al 1936 e, infine, a Bologna, dove morte lo colse tragicamente, all'età di sessantacinque anni, come si legge nella lapide ricordo affissa sulla parte della sua stanza d'Ateneo:
"Ghermito alla vita per tragico e beffardo destino: per essersi attardato
al richiamo della moglie per porre in salvo i suoi canarini
che erano in una gabbia posta nella terrazza dell'Istituto (di Igiene),
fu travolto dal tremendo bombardamento aereo che infurio su
Bologna il 25 settembre 1943 e vi perì".
Da queste parole balza evidente l'umanità del nostro, dedito a salvare una gabbia di uccellini, ignaro della sorte che gli poteva capitare. I docenti universitari, è il caso di dirlo, hanno, anche, un'anima. La sua opera, i suoi studi, dopo la sua tragica ed inaspettata morte, furono oggetto di ricordi da parte di colleghi e ripresi dal Bollettino delle Scienze Mediche 1944, fasc. 1 e dalla rivista Igiene e Sanità Pubblica, Volume I, gennaio – febbraio – marzo 1945, Numeri 1-2-3, così come evidenziati nei frontespizi che ho considerato a corredo fotografico. Tornando alla sua specifica attività di studioso, ricercatore e docente, è bello leggere quella bellissima pagina di storia in cui lo si scopre ad analizzare, nella veste di Rettore dell'Università di Bari, la manna di San Nicola, il liquido trasparente che si raccoglie nella cripta barese del santo di Myra, che si dice dotato di proprietà taumaturgiche, dichiarandone la purezza batteriologica e la singolarità in contenuto di solidi. Di questo suo interesse fa fede una lettera datata 18 luglio 1925 e indirizzata al Padre Pio Scognamiglio, Superiore dei Domenicani di Bari.
Ecco il testo della lettera:
"Ho l'onore di riferire a V. S. Rev.mo i risultati dell'esame batteriologico, quantitativo e qualitativo, eseguiti sui campioni di Sacra manna di S. Nicola, prelevati, a richiesta di V.S., nei giorni 8 e 12 del corrente mese. Al momento dei prelevamenti, vedessi raccolto in fondo all'urna una piccola quantità di Manna, che non giunse a bagnare le ossa soprastanti al livello del liquido. Tra un prelevamento e l'altro l'urna rimane suggellata. Il prelevamento viene eseguito per aspirazione mediante pipetta sterile affidata ad un tubo di gomma, e per assorbimento mediante spugna sterile. Con la piccola quantità (pochi cmc.) di Manna raccolta eseguo la determinazione del contenuto microbico e la ricerca del bacterium coli. Da un cmc. di Manna seminata in piastre di agar e di gelatina si sviluppano circa 50 colonie di schizomiceti, appartenenti a due sole specie, di cuna rappresentata da bacillus liquefaciens non fluorescens, e l'altra da un bacillo non fondente la gelatina, ma non fermentante il glucosio e quindi non appartenente al coli gruppo. Non si sviluppa alcuna colonia di ifomiceti. La Manna seminata nella quantità di 2 cmc. nei tubi di fermentazione contenenti glucosio, tenuti per 48 ore a37° C non ha dato luogo alla produzione di gas; onde devesi escludere la presenza di bacterium coli. Il basso contenuto batterico trovato, il numero limitatissimo delle specie schizomiceti che e l'assenza del bacterium coli sono, per le acque sotterranee, indizi di purezza biologica. In base a questi risultati si deve ritenere che la Sacra Manna di S. Nicola si forma e si raccoglie in condizioni tali da escludere qualsiasi inquinamento per parte delle acque superficiali".
Non si può concludere questa scheda biografica se non si fa riferimento agli studi, compiuti dal Neri, sull'epidemia, in provincia di Pisa, sulla cosiddetta febbre maltesi o brucellosi. Il massimo del suo impegno, Neri, lo profonde sullo e per lo studio sulle acque, settore per il quale merita un posto indiscusso nella storia della sua disciplina e della scienza in generale. Nota ed importante è la sua monografia: Acqua Potabile. Ricerca, Raccolta, Distribuzione", UTET, Torino 1930 (IX tomo del Trattato Italiano di Igiene diretto da O. Casagrandi). Si tratta di un grande saggio, suddiviso in sette capitoli, che spazia dall'importanza epidemiologica dell'acqua, come veicolo di micro parassiti allo studio geologico dei vari terreni acquiferi (con una garbata polemica sulla definizione come vere sorgenti delle vene calcaree che dissetano a Puglia, le falde di Caposele); dalle tecniche batteriologiche per o studio dell'acqua e per la valutazione della potabilità ad una vasta esposizione delle opere di presa, conduttura e distribuzione. Senza esagerare, si deve dire che Filippo Neri si distinse per essere stato il primo ad approfondire il senso e l'uso umano dell'acqua potabile, cioè quello dello smaltimento fognario e le problematiche della depurazione. E' nel corso del VII Congresso Nazionale d'Igiene, svoltosi a Roma nel 1932, che Neri, anche alla luce della sua esperienza francese e pasteuriana, svolge la sua relazione in cui sintetizza lo stato dei luoghi dopo una ricognizione effettuata sulle opere di depurazione delle acque reflue in Inghilterra, Germania e Belgio. Igiene del lavoro e scolastica (inventò un nuovo tipo di banco scolastico, con relativa monografia sul tema), sono stati i capisaldi del suo interesse scientifico, della sua passione per l'insegnamento e del suo forte attaccamento alla ricerca. Instancabilmente.
Di lui restò, purtroppo, un flebile ricordo nella città di Gravina, allorquando fu deciso di intitolargli, qualche anno dopo la morte , l'attuale piazza Giuseppe Pellicciari. Ci fu la sostituzione del toponimo, nel corso dei primi anni 60 del secolo scorso, senza provvedere, da parte delle civiche amministrazioni, alla sostituzione con una nuova via da denominare e intitolare a questo benemerito luminare. La storia non si vendica. Aspetta, sa aspettare fino al punto che ha restituito a questo illustre scienziato il posto che meritava nella toponomastica stradale cittadina, con la intitolazione di una strada nei pressi di alcuni quartieri nuovi ubicati a nord dell'attuale centro abitato di Gravina.
Giuseppe Massari